L’urlo arriva tra i vigneti norvegesi.


L’urlo (1893), Museo MunchOslo

A rendere belle le giornate, molto spesso, è il tramonto.

Sarà perché coincide con il momento della giornata in cui, per vari motivi, siamo predisposti a rilassarci, a contemplare, a meditare.

Il rosso del cielo ci attira (non solo per le foto) come un richiamo ancestrale: la natura con la sua bellezza influenza il nostro essere.
Un istante che ci fa sentire e amare la vita.

Gli scienziati la chiamano: biofilia.

Edvard Much nell’estate del 1893 viveva nella prima periferia di Kristiania capitale della Norvegia (nel 1925 riacquisì il nome originario Oslo).

L’Artista aveva l’abitudine di fare una passeggiata dopo cena. Una sera scelse uno dei vari sentieri che dalla città salgono verso le colline, in particolare la collina di Ekeberg. Era un percorso più faticoso di altri ma Edvard seguiva una specie di richiamo. Era pensieroso. Rifletteva sulla recente morte del padre. A ventinove anni si ritrovava orfano con una eredità pesante:

«ho ereditato due dei più spaventosi nemici dell’umanità: il patrimonio della consunzione e la follia.»

Un passo dopo l’altro a testa bassa, senza parlare con i due amici che nel frattempo aveva distanziato, Edvard arrivò alla fine della salita.
Era in cima alla collina, si voltò per cercare i due compagni, e…      

«Il sole calava, si era immerso fiammeggiando sotto l’orizzonte. Sembrava una spada infuocata di sangue che tagliasse la volta celeste. Il cielo era di sangue – sezionato in strisce di fuoco – le pareti rocciose infondevano un blu profondo al fiordo, scolorandolo in azzurro freddo, giallo e rosso.
Esplodeva il rosso sanguinante lungo il sentiero e il corrimano, mentre i miei amici assumevano un pallore luminescente ho avvertito un grande urlo ho udito, realmente, un grande urlo – i colori della natura – mandavano in pezzi le sue linee.
Le linee e i colori risuonavano vibrando. Queste oscillazioni della vita non solo costringevano i miei occhi a oscillare ma imprimevano altrettante oscillazioni alle orecchie – perché io realmente ho udito quell’urlo – e poi ho dipinto il quadro “L’urlo”.»

Edvard Much

L’ansia (1894), Museo Munch – Oslo

Quell’urlo Edvard lo dipingerà altre 3 volte, ma a mio parere il più riuscito è quello realizzato con le tempere su cartone, custodito al Museo Munch di Oslo: la versione in cui l’artista (in alto a sinistra) ha scritto:

“Può essere stato dipinto solo da un pazzo.”

E questa è la conferma che l’artista non lo era.

Un anno più tardi realizzerà un’opera che richiama “l’urlo” e sembra dare una risposta all’urlo della natura.

Nel dipinto le persone appaiono ammutolite, ipnotizzate dalla paura.
La donna in primo piano è l’unica che cerca di reagire: con le mani alla gola tenta di fare uscire la voce.

L’umanità non riesce rispondere all’urlo – oggi di aiuto – della natura.


Andante – Norwegian wines

La Norvegia è un ambiente che pare ostile, glaciale, avverso per qualsiasi tipo di coltivazione, è oggi dimora di vigneti, attorno al fiordo di Oslo.

La causa (o il merito, dipende dai punti di vista) di questo fenomeno è il surriscaldamento globale.
Dove un tempo era troppo freddo, ora vengono coltivati vitigni resistenti alle malattie e alle temperature rigide: i PIWI, ibridi derivanti da incroci di specie diverse che aprono una nuova frontiera per il vino.

Danilo Costamagna, ingegnere piemontese ha “piantato le sue radici” proprio in Norvegia. Grazie alla sua estrema curiosità e continua ricerca, produce un vino bianco da uva Solaris che ha già ricevuto riconoscimenti dalla critica internazionale: freschezza a volontà, frutta croccante ma anche con un tocco tropicale, spiccata acidità e tagliente mineralità.

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