Sopra un tavolo trovate un rossetto, delle forbici e una pistola con un proiettile e accanto, immobile, c’è una ragazza vestita con pantaloni e maglietta..


Performance Rhythm 0 (1975) Studio Morra, Napoli

Marina Abramović oggi è la performer artist più nota al mondo, ma nel 1975 era agli inizi della sua carriera artistica, aveva 28 anni e cercava una galleria che le permettesse di esprimersi liberamente. Senza censure. 

Dallo Studio Morra di Napoli arrivò l’invito inequivocabile:
“vieni qui e fà quello che vuoi”.

Nasce così la performance “Rhythm 0” una delle più semplici, complesse, pericolose e, quindi, umane, opere di Marina.

L’Artista dispose 72 oggetti sopra un tavolo in una stanza vuota. Tra questi figuravano oggetti innocui come una piuma, un profumo, una rosa, un fazzoletto, uno scialle, un giornale, una macchina fotografica Polaroid, del miele e dello zucchero, ma altresì vi erano oggetti più contundenti: spilli, un’accetta, delle forbici, un coltellino svizzero e uno da cucina. Una pistola con accanto un proiettile. 

Lei si mise in piedi al centro della stanza vestita di nero con pantaloni e maglietta a fissare un punto nel vuoto. Il pubblico nell’entrare in galleria trovava delle istruzioni:
“Sul tavolo ci sono 72 oggetti che possono essere usati a piacimento su di me.”
Specificando che l’Artista si sarebbe assunta ogni responsabilità. 

La performance sarebbe durata dalle 20 alle 2 del mattino.

In quel lasso di tempo, Marina doveva gestire la propria paura e rimanere inerte a qualsiasi gesto del pubblico; mentre alle persone presenti veniva data l’opportunità di liberarsi dalle inibizioni ed esprimere i propri desideri su di una ragazza.

Performance Rhythm 0 (1975) Studio Morra, Napoli

Nelle prime tre ore della performance accadde poco di rilevante, l’unica curiosità era il comportamento delle coppie tra il pubblico: erano le donne a mandare avanti l’uomo nell’azione dopo averlo istruito. 

Dopo le 23 un uomo fece l’azione di rottura: prese le forbici e tagliò la maglietta che indossava Marina lasciandola a seni scoperti. 

L’atmosfera divenne sempre più calda, Marina la descrisse come una: “palpabile aria di sessualità.”
E quindi arrivarono le pulsioni più che i pensieri. 

Un uomo prese il coltello e tagliò il collo di Marina, succhiandone il sangue. Successivamente un uomo ansimante, prese la pistola e la caricò con il proiettile puntandola verso il viso di Marina. 

Si era passato il limite. Il pubblico lo capì e intervenne.

Ma alcuni volevano disarmare e allontanare l’uomo armato. Altri volevano che in nome dell’Arte non s’intervenisse o, paradossalmente, che per rispetto dell’Artista la si lasciasse morire.

Prevalsero i sani e l’uomo armato fu allontanato.

Se oggi Marina ripetesse la performance, darebbe la stessa fiducia al pubblico?

Probabilmente una donna che ha saputo attraversare molti “muri” con la disciplina del corpo, l’apertura della mente e, soprattutto, con l’energia dell’anima, consegnerà ancora una volta sé stessa al pubblico.
Aspettiamo con fiducia.

Il sottoscritto tra i primi tre oggetti avrebbe scelto il rossetto.

Avrei dipinto le labbra di Marina, per renderla meno vulnerabile. Mentre, se fossi stato alla performance del 1975, tra i 72 oggetti avrei scelto la polaroid e mi sarei portato a casa un ritratto di lei, che oggi lo degusterei appeso in caso, in compagnia di un buon vino.


Trebbiano d’Abruzzo Marina Cvetić

Marina Abramović e Marina Cvetić sono originarie di Belgrado ed entrambe hanno lasciato il proprio paese per amore:
la prima per l’artista Ulay e la seconda per il viticoltore Gianni Masciarelli.

Marina Cvetić ha portato alla rinascita la viticoltura abruzzese, facendosi portavoce in prima persona dell’azienda Masciarelli nel mondo.

La linea di vini Marina Cvetić, a lei dedicatale da suo marito, rappresenta la punta di diamante dell’azienda.


Il loro Trebbiano d’Abruzzo Riserva comunica alla perfezione il connubio tra struttura ed eleganza. Un vino di equilibrata evoluzione, in cui le dolci note affumicate si armonizzano ad una beva tesa ed energica.

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