Il pittore dei silenzi Edward Hopper abbinato a un vino da meditazione: un passito di Pantelleria “Bukkuram Padre della Vigna” .


Automat (1927)  

Tempo fa al termine di un evento di Degustazioni d’Arte una spettatrice mi disse: “il momento più bello è stato quando sei rimasto in silenzio.”

Era un complimento o per tale lo intesi.

Edward Hopper è il pittore dei silenzi, una sinestesia visiva che c’invita al piacere della solitudine – ben altra cosa rispetto al sentirsi soli – uno stato di piacevole quiete.

E l’abbinamento va con un vino da meditazione: un Passito di Pantelleria.

Edward era un pittore americano, stanziale: nato, vissuto e morto a New York (con qualche viaggio in Europa).

Gli ultimi 40 anni dei suoi 85 di vita li ha trascorsi nella medesima casa/studio di Manhattan.
Singolarità, per l’americano che mediamente fa più di 10 traslochi durante l’esistenza.
Coerenza, se osserviamo i soggetti dei dipinti di Edward.

«Hopper stava seduto nello studio per ore bevendo tè. Ogni tanto sentivo che era sul punto di dirmi qualcosa, ma poi non lo faceva».

Raccontava l’amico scrittore John Dos Passos.

Nei suoi quadri le persone sono immobili, troppo immerse nei loro pensieri per accorgersi dell’altro.

Quando sono vicine sedute al banco di un bar, al tavolo di un bistrot, al cinema, appaiono separate da vuoti incolmabili. E noi spettatori – è questo l’invito di Hopper –  possiamo riempire quei vuoti con un sentimento:
rassegnazione “tutto è ormai perso”;

oppure con speranza “attendiamo la vita che verrà”.

Personalmente, con piacere “meditare sul prima e il poi”.

 

Morning Sun (1952)

Per Edward quelle immagini erano una critica amorevole all’American Way of Life, quello stile di vita libero e felice che tanti inseguivano e pochi vivevano.

Lui che fin da bambino osservava il mondo per disegnarlo, non gli sfuggì, da adulto, quella tragica bellezza della vita fatta di luce, eleganza e sogni irrisolti

La prima e unica volta che vidi il dipinto Morning Sun mi colpì la luce in quella stanza, aveva forme e colori. Sul corpo della donna (sua moglie) rifletteva una serenità solida e sensuale.

L’unica ambiguità era quel punto nero che descriveva l’occhio di lei. 
Rimasi in silenzio per comprendere il suo.

Oggi questi silenzi degli anni 50 appaiono ancora attuali, basta aggiungere uno smartphone.

Presenti esclusi, quanti si svegliano al mattino guardando uno schermo e non la finestra?

Oppure al banco di un bar come i nottambuli di Nighthawk, quanti scrollano post invece di conversare?

Gli psicologi lo chiamano phubbing (letteralmente la contrazione delle parole telefono e snobbare).
Altri dipendenza, alcuni maleducazione.

Edward, forse, lo chiamerebbe Digital Way of Life con un silenzioso sorriso. 


Passito di Pantelleria
“Bukkuram Padre della Vigna”

Se c’è un vino, o meglio, una categoria di vini, che invece di prediligere la convivialità prediligono la contemplazione, questi sono senza dubbio i vini da meditazione. Per definizione, sono vini apprezzabili in solitudine, ossia a fine pasto non accompagnati dal cibo. 

L’intensità del sorso rende il loro sapore indelebile, di grande impatto.

E come il sole del mattino illumina e riscalda il soggetto del quadro di Hopper, il sole di Pantelleria illumina e dà vita a un grande vino da meditazione: il Bukkuram Padre della Vigna di Marco de Bartoli.
Qui si ritrovano gli aromi e i profumi dell’isola, agrumi canditi, albicocca essiccata, macchia mediterranea in un equilibrio tra la componente alcolica e il residuo zuccherino.

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