Jenny Saville è la più dissacrante, attuale e quotata, molto affine a una donna vignaiola non convenzionale delle terre liguri Giovanna Maccario.


Propped (1992)

Il giorno del mio quarantesimo compleanno lessi, inavvertitamente, una frase di Albert Camus: “Ahimè, dopo una certa età ognuno è responsabile della sua faccia.”

Non andai a guardarmi allo specchio, ma mi regalai un libro di fisiognomica: una pseudoscienza che cerca di dedurre i caratteri psicologici di una persona dal suo aspetto fisico, in particolare dall’espressioni e lineamenti del viso.

I migliori studiosi, consapevoli o meno, di fisiognomica sono i pittori figurativi.

Tra loro Jenny Saville è la più dissacrante, attuale e quotata, molto affine a una donna vignaiola non convenzionale delle terre liguri Giovanna Maccario.

«Spero di interpretare le contraddizioni che sento, tutte le ansie e i dilemmi.»

Jenny Saville

Jenny è inglese e come altri artisti inglesi, precedenti a lei, ha un’attrazione per il corpo.

Lei s’ispira a due pittori: Francis Bacon quello dei volti sfigurati e a Lucian Freud dei corpi decadenti.
Ma a differenza di loro difende il corpo, soprattutto quello femminile; cerca di emanciparlo dai canoni della bellezza stereotipati. 

Spesso i suoi dipinti sono autoritratti e in Propped è proprio Jenny che seduta come fosse sul trono ti guarda dall’alto, orgogliosa di quel corpo che non è reale, ma simbolico.

Il suo volto ti guarda dall’alto, vuole dominare la tua attenzione e le dimensioni della tela, oltre i due metri, enfatizzano questa forza.

Un’energia edonistica, che trapela dalle mani graffianti, dalle braccia e i seni compressi, dalle labbra socchiuse.

L’eleganza finale delle scarpe bianche confermano quanto la donna si ami, e non sia lì per svendersi.

Foto: Standard.co.uk 

Jenny aveva 22 anni quando creò questo manifesto della “neobellezza” scontrandosi con l’estetica maschilista del corpo femminile. Quel coraggio la premiò divenendo l’artista donna vivente più quotata.

Nel 2018 l’opera Propped venne battuta all’asta per un valore tre volte superiore alla stima iniziale: circa 11 milioni di euro.

Un grande risultato per una pittrice il cui scopo è sovvertire lo status quo sul genere femminile (nelle case d’Asta le opere si svalutano se l’artista è donna di un sostanzioso 42%).

E se non sappiamo chi sia l’attuale proprietà del dipinto, almeno consoliamoci immaginando che forse nella quiete del salotto di casa avrà codificato la frase scritta al contrario sulla tela… 

«se continuiamo a parlare in questa stessa unità di misura, parliamo come gli uomini hanno parlato per secoli, ci deluderemmo a vicenda.» (Luce Irigaray)

Oggi queste riflessioni sul corpo potrebbero essere aggiornate con le manipolazioni virtuali del corpo che i social inducono.

E forse Jenny ci sta già lavorando, ma sempre con pennelli e colori ad olio.


Rossese di Dolceacqua

Un’altra donna forte, intelligente e controcorrente è Giovanna Maccario, la figura di spicco che ha reso famoso il Rossese di Dolceacqua.

La Maccario non ha timore di mostrare la sua graffiante femminilità, senza che questa vada a mettere in ombra il suo eccellente lavoro di vignaiola. Non ha paura di definirsi femminista affermando che non ci sia nessuna differenza legata al genere, ma lasci che sia sempre il suo prodotto finale a parlare.

Non ha timore di portare avanti una viticoltura eroica lungo le impervie coste liguri di ponente.
Possiamo anche considerare i suoi vini come una sorta di autoritratto, perché coniugano eleganza e femminilità a carattere e decisione. L’emblema della sua produzione in termini di raffinatezza è il Rossese di Dolceacqua Superiore Posaù, da vigne terrazzate di oltre 60 anni di età e dal profilo delicato, di macchia mediterranea e spezia, dal sorso energico e fruttato e dall’ottima sapidità. 

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